giovedì 27 novembre 2014

Leopardi...

















A SILVIA

Silvia, rimembri ancora
quel tempo del tuo rapporto anale,
quanto Beltè spendevi
con sconti tuoi ridenti e fuggitivi,
e tu, lieta e pensosa, il militare
in gioventù montavi?

Sonavan le quiete
stanze, e le vie dintorno,
al tuo soave orgasmo,
allor che all'opre femminili intenta
sedevi, assai contenta
di quel vago avvenir che in mente avevi.
Era il culo odoroso: e tu solevi
così cagare il cazzo.

Io gli sturbi leggiadri
talor lasciando e le sburrate carte,
ove in seghe mio primo
e di me si spendea la miglior parte,
d'in sul pisciaturo del paterno ostello
porgea i coglioni al suon della tua voce,
e la mia man veloce
che percorrea la faticosa fava.
Mirava il ciel sereno,
le vie dorate e gli orti,
sborrarti in mar da lungi, e quindi in fronte.
Lingua mortal non dice
che io volea tuo seno.

Che pensieri soavi,
che speranze, a Cori, o Silvia mia!
Quale allor ci apparia
la vita umana e il feto!
Quando sovvengo di cotanto sperma,
un affetto mi preme
adagio in insalata,
e tornami a doler di mia fiatella.
O natura, o natura,
perché non rendi poi
quel che prometti allor? Perché lo metti
in culo i figli tuoi?

Tu pria che il morbo inaridisse il verme,
da chiuso morto combattuto e vinto,
periva, o tonnarello. E non vedevi
il fiore dell'augello;
non ti molceva il culo
la dolce lode or delle negre troie,
or degli sguardi dei guardoni schiavi;
né teco le compagne ed i festini
ragionavan d'amore.

Anche peria tra poco
la speranza mia dolce: agli anni miei
anche negroni e fate
in giovanezza. Ahi come,
come puttana sei,
cara compagna dell'età mia nova,
mia lacrimata speme!
Questo è quel mondo? Questi
i diletti, l'amor, l'opre, gli eventi
onde cotanto noi godemmo insieme?
Questa la sorte dell'umane genti?
All'apparir del vero
tu, misera, cedesti: e con un nano
la fredda mano ed una pompa ignuda,
mostravi il deretano.

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